CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







venerdì 27 aprile 2018

Lefkas - Kalamos


La destinazione odierna è l'isola di Kalamos, una ventina di miglia a sud-est. C'è il sole e poco vento. Prima di lasciare l'ormeggio si affianca ad Habibti un Bavaria 38 con a bordo due anziani signori tedeschi. La Marina di Lefkas è piena di queste coppie di pensionati che probabilmente hanno svernato da queste parti. D'altra parte, chissà se fra qualche anno non finirò anch'io per rientrare in questa dignitosissima categoria. Entrano di prua, come solitamente usano fare i nordici, e noi gli lasciamo la seconda trappa che per tutto questo periodo ha assicurato Habibti al pontile. Poi percorriamo a motore il canale, delimitato da boe rosse e verdi, e una volta raggiunto il mare aperto apriamo randa e genoa. Abbiamo tempo in abbondanza e quindi ci permettiamo il lusso di viaggiare a vela anche se ci spostiamo come delle lumache. Dopo una mezz'oretta di navigazione lasciamo alla folle velocità di due nodi l'isola di Skorpio a dritta. Sembra di essere sulle acque di un lago tanto il mare è calmo. Alcune barche a vela provenienti da Meganisi attraversano il golfo davanti a noi per raggiungere la terra ferma e dare fondo in una caletta dall'acqua color turchese. Fa caldo. Troppo per pranzare in pozzetto.  Facciamo quindi uno spuntino seduti sulla tuga all'ombra della randa. Il movimento di Habibti è quasi impercettibile. Eppur si muove!! Lentamente l'alta sagoma dei Kalamos si avvicina. L'isola è alta quasi 900 metri e offre alla vista una vegetazione particolarmente rigogliosa. Attraversiamo il canale che la separa da Mitikas, un paesino sulla terra ferma, a motore in quanto il poco vento che c'era è definitivamente scomparso. Sotto costa il fondale degrada rapidamente e il colore dell'acqua è di un intenso blu scuro. Il porticciolo di Kalamos non è grande. Vi troviamo ormeggiate poche barche a vela. Noi ci posizioniamo all'inglese verso la punta del molo, poco davanti ad un catamarano battente bandiera francese. Ci accoglie, aiutandoci con le cime d'ormeggio, George, il cui vero nome probabilmente è Iorgos. La sua presenza è segnalata anche sul portolano. Oltre ad essere l'"harbour master" è anche il proprietario della taverna posta in fondo al porto. Terminato l'ormeggio ci invita a cenare nel suo locale assicurandoci di avere pesce fresco in abbondanza. Da parte mia lo ringrazio, anche se, francamente, non capisco l'abitudine di certi greci di "anglofonizzare" ad uso e consumo dei turisti il loro nome. Mi chiedo come potrebbero dire di chiamarsi un Pasquale, un Ciro o un Santino nel caso la stessa abitudine fosse presente in uno dei nostri approdi del sud. Invece apprezzo questo costume dei greci di aiutarti o in alcuni casi di farti ormeggiare gratuitamente sul pontile di fronte alla loro taverna senza che tu abbia necessariamente il dovere di ricambiare in qualche modo. La scelta di cenare o meno da loro dipende esclusivamente da quanto tu intenda essere cortese nei loro confronti, ma non c'è mai un obbligo. Difficile invece sostenere che lo stesso spirito di gratuità lo si possa ancora trovare nei mari italiani. Il paese di Kalamos è abbarbicato sulle pendici della montagna alle spalle del porto e per visitarlo occorre percorrere a piedi la ripida strada che lo attraversa. Alcune case sono state restaurate con cura, ma restano ancora diversi ruderi, probabilmente provocati dal terremoto del 1953. Come in ogni villaggio greco non mancano i gatti ad ogni angolo. Ne abbiamo che ci girano tra i piedi anche quando siamo seduti su una terrazza e sotto il pergolato del piccolo bar nella parte alta del paese. Qui trascorriamo parte del pomeriggio godendoci questi ritmi lenti ai quali purtroppo non siamo più abituati. La sera, invece, ceniamo nella taverna di George, al pari di quanto hanno deciso di fare la maggior parte degli equipaggi delle barche ormeggiate in porto. Purtroppo l'abbondante quantità di pesce a cui era stato fatto riferimento al momento del nostro arrivo si limita ad un paio di orate che, cucinate alla griglia, si rivelano comunque ottime. Esagerato invece il numero delle persone che servono ai tavoli rispetto al numero dei tavoli stessi. Siamo letteralmente circondati da camerieri, peraltro tutti gentilissimi. Gli avventori sono un po' di tutte le nazionalità, ma solo quelli che io definisco "mediterranei" mi paiono veramente a loro agio. Non altrettanto danno l'impressione di esserlo le coppie di inglesi, tedeschi e finlandesi che occupano i restanti tavoli. Mi sembrano per lo più imbronciati, chiusi nella loro "privacy". Il che mal si concilia con l'atmosfera che ci circonda. In ogni caso, noi ci godiamo il momento, la compagnia, la cena e anche la luna piena i cui reflessi illuminano il mare. Le luci che si vedono, lontane, sulla terra ferma contribuiscono a rendere ancor più romantica questa serata.

(Giornale di bordo)

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